“Giorgino, so cosa pensi adesso, ti starai chiedendo cosa sia venuta a fare ora qui da te. Né sesso, né soldi, né … niente di tutto questo, ti sarai chiesto, e avrai, a ragione, scartato ognuna di queste ipotesi.
E’ difficile dirtelo, anche perché non mi crederesti mai. Ricordi quella frase che scrivesti di nascosto nel mio diario quel giorno di giugno?”.
‘E come avrei potuto – pensava in cuor suo Giorgino, sapendo che Elisa stava leggendo in tempo reale i suoi pensieri – scordare quel giorno? Al gioco dei PERCHE', durante la ricreazione, Elisa aveva perso e il suo pegno era stato quello di baciare il più brutto. E la stronza … che amavo già, aveva baciato me. L’aveva fatto perché mi riteneva il più brutto oppure perché anche lei provava le stesse cose che mi facevano battere il cuore a mille? Biondina, le lentiggini, secca come un’acciuga, i calzettoni bianchi al ginocchio, Elisa era la mia innamorata segreta e dopo quel bacio veloce, a labbra chiuse e gelate … beh, l’avrei sposata’.
“Giorgino che fai ti sei incantato? Ti ho chiesto se ricordavi …” “Certo che lo ricordo – fece lui interrompendola bruscamente ma pentendosi subito d’averlo fatto. Adorava sentirla parlare, era così diversa adesso la sua voce da quella di gallinaccio che aveva a scuola – ricordo tutto di quei cinque anni di liceo, cosa credi che mi sia già rincoglionito a lavorare in officina? Tu piuttosto, sei venuta qui a provocarmi, a chiedermi del diario o per cosa? Mi fai allungare il collo per cinque anni, giocavi a a te la do, non te la do, popoli i miei sogni di autoerotismo fino a sfinirmi, scompari per vent’anni e ricompari da gran signora con gioielli che valgono una fortuna … mi dici finalmente che cazzo vuoi?”.
Il tono di Giorgino era adesso da uomo serio, maturo, forse ferito. Non ammetteva più repliche o tentennamenti e lo sguardo continuo al suo orologio da polso, fece capire ad Elisa che avrebbe dovuto dare le spiegazioni che l’uomo esigeva. Il bacio, l’abbraccio, il suo abbigliamento sexy non facevano più colpo in quel momento.
Si sedette sciogliendosi dall’abbraccio di Giorgio e accavallò molto compostamente le gambe, per quanto le consentisse la gonna. “Ti va un cognac – disse Giorgino mentre apriva lo sportello del frigo-bar – ghiaccio?”. “Grazie sono astemia … quel giorno di giugno dell’ultimo anno di Liceo, scrivesti qualcosa che avrei ritrovato vent’anni dopo. Scrivesti la frase di un grande scrittore Ci si avvicina alla fine del viaggio, ma la fine è un traguardo, non una sconfitta . Era di George Sand, la controversa e scandalosa scrittrice Francese, inserita nelle
All’inizio non capivo cosa significasse. Misi da parte quel vecchio diario, anzi lo rimisi in fondo al baule dove lo avevo trovato e lì rimase sepolto. Ricordo però la data, era il cinque di giugno. Passarono gli anni. Un giorno mio marito mi disse che aveva portato la sua vecchia 500 Fiat a restaurare da un bravo meccanico, il più bravo di Roma. Nemmeno gli chiesi chi fosse, m’importava davvero così poco di quel suo vecchio macinino! Tra l’altro c’aveva scarrozzato sopra anche la “tua” Sofia, per cui gli augurai che la piantasse contro un muro, quella macchina, magari con loro due dentro…”.
“Aspetta, aspetta Elisa, mi stai dicendo che Sofia e tuo marito … ma non sapevo che tu fossi sposata, e che Sofia …”, “Eh si caro il mio meccanico, la tua Sofia ti faceva becco col Presidente del più grosso gruppo assicurativo d’Europa, l’Union des Assurances des Ouvriers, nonché mio legittimo consorte, sposato con la sottoscritta da otto anni ma in tresca con la puttanella da almeno due. Avevo scoperto presto l’inghippo ma mi tornava comodo non dir nulla ed evitare un divorzio, un uomo così ricco non lo trovi appena giri l’angolo. Certo non sapevo ancora che fossi tu quel meccanico così drago. A volte il destino tesse così bene le sue trame e i suoi orditi che nemmeno una bravissima tessitrice saprebbe far di meglio.
Una sera tornavo dalla palestra ed in Trastevere, in Piazza Trilussa, con la coda dell’occhio, parcheggiata all’interno di quei recinti di plastica arancio che usano gli operai per delimitare le strade, vidi la 500 gialla. Piantai la Delta. Non potevo sbagliare. Il finale di targa 156 era quello. Decisi di aspettare. Scesi, l’auto era vuota, il cofano motore appena tiepido. Doveva essere lì da un po’. Passò qualche minuto, li vidi; mio marito Alberto e lei, la puttanella. Uscivano da un vecchio quartierino proprio dietro a un ristorante. Lui le teneva un braccio intorno alla vita e prima di raggiungere la macchina le mollò almeno tre o quattro pacche sulle natiche, sussurrandole qualcosa di molto divertente, perché lei sbottò in risate sempre più allegre”.
Giorgio ascoltava interessato il lungo monologo di Elisa. Ogni tanto si mordeva il labbro inferiore mentre le mani si facevano nervose quando la donna raccontava gli episodi più scabrosi di quel rapporto adulterino. “I due amanti, - continuò nel racconto Elisa,- raggiunsero presto la 500 e ancora ridendo e scambiandosi effusioni salirono. La vecchia macchina sbuffò un poco, col tipico ondeggiamento di tutta la carrozzeria e lo sferragliare caratteristico delle 500 quando si mettono in moto. Dopo un paio di tentativi in cui pareva che crollasse tutta, si avviò, portando i due verso Castel Sant’Angelo. Era questa la riunione del CdA per cui avrebbe tardato – continuava inviperita Elisa – e quella mignotta era sicuramente la socia di maggioranza. Avrei avuto una gran voglia di tamponarli entrambi e far loro saltare le murate per buttarli nel Tevere. Mi calmai un poco e pensai che la vendetta andava servita fredda, come piaceva a me”. “Continuo a non capire perché racconti a me tutto ciò Elisa. Mi hai fatto scoppiare il cuore per tanti anni, sono letteralmente appassito d’amore per te, poi sparisci per oltre vent’anni e torni adesso per raccontarmi che tuo marito ti tradiva con la mia ex fidanzata. Mi pare tutto così strano …”.
“Ascolta Giorgio – riprese Elisa assumendo di nuovo la sua aria felina addomesticata – a che punto è adesso la 500, voglio dire è già finita? Può viaggiare?”, “Si certo, la macchina ha bisogno ormai di pochi ritocchi alla carrozzeria, ma il motore è a posto, anzi, va che è una bomba. Ho montato il 695 dell’Abarth e senza bisogno di alterare il cofano, così non si vede quella bombatura da magnaccia ed evito di mettere lo scorpione nero su fondo giallo e rosso … vuoi provarla?”. Elisa si accostò nuovamente all’uomo ed il suo costosissimo profumo unito alle sue movenze da gran seduttrice lo turbarono nuovamente. “Ti si arrossiscono le orecchie, come ai tempi della scuola, sei proprio buffo.
Dai Schumacher, fammi provare l’ebbrezza della guida spericolata”. Non gli diede il tempo di replicare perché lo baciò con una passione e una sapienza da ‘navigatrice consumata’. Appiccicò il suo corpo a quello dell’uomo, inguine contro inguine. Percepì la mascolinità di Giorgio e continuò a baciarlo mentre con una mano galeotta gli carezzava la nuca all’attaccatura del collo robusto. Era lei che comandava il gioco, e si liberò prima che egli potesse azzardare un solo movimento ‘sbagliato’ delle mani. Gli permise solo che queste scivolassero sulle sue natiche, le premessero un poco in avanti contro di lui e poi l’incantesimo finì. Come allora, come sempre.
....Continua
1 commenti:
Veramente divertente! Ottima e piacevole lettura.
Paolo
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