PIT STOP
© Salvo Andrea Figura – 2010
“Quanto fa sei per nove?”, aveva chiesto il Maestro a Giorgino, in piedi a lato della cattedra.
“Cinquantasei?”, aveva risposto esitante il dodicenne ragazzo, ripetente della classe 5ª-E. Nella risata generale che ne era seguita, soltanto Elisa seria seria aveva suggerito subito a mezza-voce: “No, cinquantaquattro”, e si era riseduta composta al suo banco in prima fila. E da allora Giorgino ‘56’, come l’avevano subito impietosamente soprannominato, non aveva altro per la testa che quella ragazzetta bionda e lentigginosa, l’unica che non aveva riso di lui.
Quindici anni dopo, nella sua apprezzata autofficina, Giorgino ‘56’ era alle prese con una FIAT 500 gialla che stava ripristinando per un suo affezionato cliente. Era rimasto scapolo e non aveva tempo per ‘quelle cose’, ripeteva spesso a se stesso da quando Elisa, terminato l’anno scolastico, aveva cambiato città ed era scomparsa dalla sua vita. Ancora adesso la ricordava così, esile e carina coi lunghi capelli biondi svolazzanti sulle sue lentiggini e con un sorriso dolce che lo riscaldava tutto quando lo degnava di uno sguardo. Non era stato capace di parlarle a cuore aperto... ed ormai era troppo tardi..., se n’era andata chissà dove. Una Lancia Delta azzurra si fermò con uno stridio di freni dinanzi al suo passo carrabile e dallo sportello semiaperto una scarpina di vernice nera seguita da una gamba inguainata in nailon nero ricamato si posò in terra. “Sei tu ‘56’?” disse la proprietaria di quella gamba senza uscire dalla vettura.
“Sono io – rispose parecchio incavolato Giorgino, chino sul motore di quella
disperata 1(era così che chiamava la 500 gialla su cui lavorava da mesi) – e questa non è la parabolica di Monza, da abbordare a 300 all’ora – continuò mentre la sua voce rimbombava tra cilindri, pistoni e spinterogeno – perciò la prossima volta è pregato …”. La voce gli morì in gola e la frase si gelò a mezz’aria, anche se l’agosto romano scioglieva pure i ‘sampietrini’ come ghiaccioli al limone. Aveva appena sollevato la testa dal motore e guardava dal lunotto posteriore, fin oltre il parabrezza anteriore, quello schianto di macchina azzurro cobalto di cui vedeva solo il tettuccio e da cui proveniva quella voce un po’ roca, androgina, indefinibilmente asessuata, con un timbro da gay o da donna matura. Cercò di seguire il percorso della voce dal punto in cui riteneva fosse la testa, in giù ,ma vide solamente un gamba, splendida, inguainata in un’autoreggente nero da cui occhieggiava un bordo in pizzo ed una scarpa di vernice nera con un tacco di almeno dodici centimetri. Questo fu tutto quello che vide dalla sua posizione ed appena si spostò per avere una miglior visuale, il gelo che lo aveva preso divenne ghiaccio assoluto. Da quel poco di fisica che aveva studiato, ricordò che lo zero assoluto era di -273°C. ma Giorgino adesso superava di certo i -400°C. ed oltre, ammesso che avesse potuto.
“Ma tu… lei … si insomma … Elisa Rocca … 5a E, terzo banco, seduta con Laura … toh non ricordo più il nome …”, la donna uscì dalla macchina e nel farlo dovette dar prova di grande acrobazia. La Delta, infatti, era ‘seduta in terra’ e uscirne fuori, per le donne, era estremamente disagevole. Specie se portavano gonne corte (e quella di Luisa era praticamente ‘inguinale’) e tacchi a spillo. Il giovane aiutante di Giorgino si fece rosso rosso in viso a quello spettacolo inaspettato e quel piccolo triangolino scuro che vide, “blu mi parve”, disse in seguito, lo eccitò oltre ogni aspettativa. Alla fine di queste ‘grandi manovre’, che erano durate in realtà appena qualche secondo, ma che agli astanti dell’officina apparvero secoli, Elisa, la donna che sconvolse la <Pit Stop, Premiata officina Giorgino '56>si parò innanzi al titolare, mani sui fianchi e stavolta fu lei che lo squadrò: “Ho letto in quella tabella … stile menù da trattoria che qui si fa tutto in 56 , insomma il 56 t’è proprio entrato in testa, Giorgino mio”. Quella donna aveva il potere di mandare su di giri la testa e il testosterone dell’uomo. Non che Giorgino fosse mai stato un gigolò o un casanova, qualche storia l’aveva avuta anche lui e tromba oggi, tromba domani, s’era un po’ abituato al suono del clacson ormonale … tanto per dirla col linguaggio del meccanico. Il suo vero, grande, perduto, o forse mai trovato ,amore, però, restava quella donna lì che adesso stava a pochi centimetri da lui ad inebriarlo di parole e di profumo, oltre che di visioni da capogiro. “E … con tutti questi 56, avresti … 56 minuti da dedicarmi?”. Era una richiesta che Giorgino non poteva rifiutare, che non s’era mai visto fare ed in quel modo poi e che attendeva da una vita. Si fece da canto e indicò a Elisa Rocca la strada per il suo ufficio: un soppalco posto sopra la ‘zona forno’, con le scale a vista in plexiglass. Manco a dirlo, mentre Elisa saliva, sotto, ci fu la ressa dei giovani apprendisti. “T’avevo detto ch’erano blu –bisbigliò agli altri il più grande dei ragazzi, 18 anni brufolosi – scommessa vinta, pizza per me stasera”. Giorgino notò il trambusto ed anche Elisa, da gran donna navigata quale pareva essere, ed accentuò, se possibile, il normale e fisiologico ondeggiamento delle terga nel salire le scale. Richiusero la porta, opaca questa, ed Elisa gettò le braccia al collo di Giorgino, incurante che le quattro pareti fossero anch’esse in plexiglass trasparente pur se velate da tendine lilla. L’uomo adesso era esterrefatto. I suoi neuroni già messi a dura prova da quel fantasmagorio di segnali inviati dai recettori sonori, olfattivi e visivi; messi alla frusta dalle molecole chimiche che producevano in quantità industriale sostanze pre-ormonali, adesso cedettero di schianto sotto la spinta degli ultimi segnali giunti dalla periferia dei muscoli orbicolari delle labbra. Era troppo davvero! Milioni di megatoni di stimoli tattili e gustativi invasero il suo paleocervello cosicché i muscoli erettori delle sue cosce cedettero mentre altri andavano in spasmo e Giorgino si piegò sulla sedia, per fortuna, quasi inerte. “Elisa – fece senza fiato l’uomo appena si fu ripreso – ti rendi conto che sono passati più di vent’anni e che …”, “E allora? Vedo che hai mantenuto lo stesso fisico di allora, anzi, devo dire che sei migliorato e di molto, bei pettorali, addominali scolpiti, bicipiti da body guard, insomma ti sei fatto un macho mica da niente. Ma non è per questo che sono venuta da te … il bacio? Te lo dovevo per la tua fedeltà incondizionata a me. Ti meraviglia che lo sappia? Guarda che in tutti questi anni so più cose di te di quante tu ne abbia potuto confidare a tutte le sciacquette che ti sei fatto finora. E se nessuna di loro, Sofia specialmente, si, proprio lei, quella del secondo banco, è riuscita a metterti il cappio è solo perché la sottoscritta è sempre rimasta nel tuo cuore, fissa, incorruttibile”. Giorgino continuava a guardare la ‘sua’ donna sempre più stranito. Una punta di rabbia, di affettuosa rabbia lo pervadeva: ‘Ma chi si credeva di essere, quella lì, che arrivava come un temporale estivo nella mia vita e la sconvolgeva fin dalle radici – pensava di certo Giorgio – e poi, baciarmi così, all’improvviso, senza … senza nemmeno un preavviso … come una gatta che scatta di colpo sulla sua preda, gli occhi rivolti da un’altra parte … ma chi si crede di essere … questa stronza che non ho mai smesso di amare?’. “Elisa perché mi hai parlato di Sofia? Cosa sai di lei e perché quella nota di acredine nei suoi confronti? Ma soprattutto vuoi dirmi per favore cosa vuoi da me dopo essere apparsa come un fantasma nella mia vita ed in questo modo per giunta?”. Giorgio aveva riacquistato finalmente la calma che in fondo sapeva di possedere. L’emozione e l’eccitazione dei primi momenti era svanita o comunque si era affievolita e adesso lui si sentiva in grado di dominare la situazione. Non era certo per voglia di sesso che Elisa dopo vent’anni tornava da lui. Una donna così avrebbe potuto levarsi tutti gli sfizi che voleva e magari se li levava visto il tenore di vita che mostrava di avere. Era oltre che elegante e sexy, anche ben ingioiellata. Tennis e perle le inghirlandavano polsi e collo. Il vestiario era di grande griffe e dunque non era nemmeno per denaro che s’era fatta viva. Un sorriso gli affiorò sulle labbra, subito rintuzzato ‘magari è un’agente dello spionaggio … seee … e viene nella mia officina per farsi fare la macchina alla 007. Giorgio ma che cazzo pensi?!’.Fine prima parte. 1 era una brigata d’assalto della seconda guerra mondiale. Si rifaceva ai nomi “romantici”D’Annunziani e del ‘ventennio’.
2 commenti:
l'autore attira, sin dalle prime righe, la curiosità di chi legge (fattore che è importantissimo. I personaggi sono ben caratterizzati, soprattutto Elisa:esplosiva!! (non trovo altro termine più appropriato)
Chissà come andrà a finire?
Attendo impaziente la seconda parte.
Valeria
Come non concordare! L'incognita su quale direzione prenderà il timone di questo racconto ti prende fin dalle prime battute per portarti dove... si vedrà! (speriamo a breve!!!)
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