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Wanted - "The Public Enemy" - Ricercato "Nemico pubblico"

Wanted - "The Public Enemy" - Ricercato "Nemico pubblico"
Perchè vale la pena vivere? Per vedere il Sole e la Luna che si alternano ogni giorno, trovando il tempo di leggere nel frattempo il romanzo od il fumetto che più ci piace.

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Dedicato a quanti vogliono mettersi in gioco senza rimetterci un €urocent.
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I RACCONTI DI VALERIA: ATTESA - (PARTE FINALE)



Le porte si richiudono e una goccia di pioggia si posa sul mio viso segnato dal tempo,dalla sofferenza oramai accettata. Il treno riparte verso un’altra meta, là dove altri aspettano trepidanti i loro amati, a braccia aperte.

La goccia di prima torna insistente, il cielo è grigio, tra poco pioverà a dirotto. La stazione si svuota, non c’è più nessuno, sono rimasta sola. Mi alzo, impugno il mio elegante bastone di legno, mi avvio verso l’uscita. A un tratto mi volto verso quella galleria. E’ uguale, oggi come allora, il 30 Agosto del 1945. Gaetano sarebbe dovuto rientrare dal fronte, dalla guerra che aveva spezzato inutilmente milioni di vite, che aveva visto trucidare milioni di donne, uomini, bambini, segregati nei campi di concentramento, soffocati nelle camere a gas, lasciati a morire di fame e di stenti con il corpo ridotto solo pelle e ossa. Quel giorno, di sessantanove anni fa, Gaetano venne da me, annunciando la sua scelta: arruolarsi per la Patria. L’immensa preoccupazione che provai, mi fece sciogliere in un pianto disperato, supplichevole ma, lui, irremovibile, partì con la promessa che sarebbe tornato, vivo, per sposarmi.

E così avrebbe dovuto essere quando la radio annunciò che la guerra era finita. Finalmente, avrei potuto abbracciarlo e tenerlo stretto. Di una cosa ero certa, non lo avrei lasciato più nemmeno un minuto.

Da quel treno però lui non scese mai, ucciso da un soldato delle SS e non avrebbe fatto più ritorno. Ripensai alla sua promessa: «Non l’hai mantenuta», mi ritrovai a gridare a me stessa e a lui. E adesso ero sola, sperduta, confusa.

Come uno specchio che si frantuma in una miriade di schegge, così fece il mio cuore.

Non mi sono mai sposata, non ho più avuto un uomo accanto da quando persi ciò che avevo di più prezioso al mondo, e lentamente… sono morta, dentro.

Oggi 30 Agosto, come ogni anno, sono qui, presente, aspettando il treno dal quale sarebbe dovuto scendere colui che fu un uomo, un soldato, l’unico amore.

Ora, a ottantacinque anni attendo che la morte mi faccia visita, per ricongiungermi con lui come avrebbe dovuto essere e come per sempre sarà…

Un fischio… mi volto… nella galleria vedo due grossi fari fendere il buio come… la baionetta del mio amore. Poi il fumo, bianco, esce tra volute dense dal fumaiolo. Un secondo fischio uno sferragliare di ruote sui binari. Uno stridio più forte degli altri. Si arresta. Scendono i passeggeri: una donna col bimbo che ancora dorme, un signore con una valigia di cartone chiaro, sbiadito e dietro a lui un giovane soldato. E’ confuso si guarda intorno, vede me e accenna appena un sorriso. Su un vagone una scritta: Auschwitz 1945.

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I RACCONTI DI VALERIA: ATTESA - (PRIMA PARTE)

Seduta sulla scomoda panca, attendo l’ultimo treno della sera. Non avrebbe dovuto tardare, non capita quasi mai. Trepidante come se fosse la prima volta osservo più in là, dove le rotaie scompaiono oltre la galleria. Ricordo il suo sorriso dolce, timido, il rossore sulle guance. La voce trepidante ad ogni "ti amo", il fiato sul mio collo, la certezza che fosse soltanto mio e di nessun’altra. Indelebile nella mente, il nostro primo incontro, quando il Cielo ha deciso di donarmi un angelo.


Al ballo in maschera, avrei voluto restarmene da sola, senza vedere nessuno, con i miei problemi adolescenziali, i dolori, le frustrazioni, le insicurezze. Indossavo un vestito di chiffon azzurro, ornato da graziosi ricami. Le scarpe sfumavano tra toni di grigio e argento. « Sei una principessa!», diceva mia madre quando, distrattamente, mi versai del punch addosso. Allungai la mano per accettare il fazzoletto da uno sconosciuto e vidi allora un ragazzo alto, di carnagione scura, dai lineamenti mediterranei. Era attraente e irraggiungibile allo stesso tempo. Avrebbe potuto avere ogni donna ai suoi piedi, senza che aprisse bocca o facesse un gesto. A Gaetano però, questo non bastava. Voleva me, e non avrebbe accettato un no! come risposta. Iniziò un assiduo corteggiamento; fiori, lettere, serenate, fino a quando fui consapevole che il mio sogno si avverava ed ero pronta a sacrificare qualunque cosa per stare al suo fianco. Accettai così la sua proposta. Ero felice al punto che quella parola non poteva racchiudere tutti i sentimenti; il batticuore per ogni suo sorriso, per ogni sussurro, ogni suo bacio.


Era presente nei sogni, ogni notte. Quando mi svegliavo rivedevo la sua immagine, quasi mi fosse accanto a cercarmi con la mano, me; sua anima gemella.


Non avevo mai dato peso a certe emozioni, ma la passione, e il grande amore per Gaetano, avevano sconvolto ogni equilibrio, ogni convinzione che avevo dentro prima di conoscerlo. Più i giorni passavano e più era difficile staccarmi dalle sue labbra, dalla voce ammaliatrice. Mi sentivo sua, mi arrendevo, consapevole di farlo, tra le sue forti braccia. Non avevo più ripensamenti, quando la passione raggiungeva il collo, le guance e ogni cellula del mio corpo. Sapevo che tutto ciò era sbagliato, per i miei, per la gente, ma non avrei potuto aspettare ancora, sarebbe stata una sofferenza insopportabile


Se fosse stato necessario, ero pronta a lasciare la mia casa e tutto ciò che avevo per fuggire lontano insieme a quell’uomo ormai centro del mio universo.



Il fischio del treno ora mi desta dai ricordi preziosi, insostituibili, eterni. Si spalancano le porte e scendono pochi passeggeri; una madre con il suo piccolo che dorme ancora, un uomo d’affari con la ventiquattrore, persone stanche ma consapevoli che a casa li aspetta qualcuno, un piatto caldo, un abbraccio, una carezza. Sento una punta di invidia per tutto ciò, ma sono felice per ognuno di loro.

RESIDENT EVIL "AFTERLIFE"... LA SAGA CONTINUA!!






Se siete alla ricerca di un sequel la cui trama è in continua evoluzione e per nulla scontata, allora quel che fa per voi è il nuovo episodio di Resident Evil!
Quarto capitolo di una vicenda che nasce dal fortunato gioco creato dalla CAPCOM e che è fortemente debitore ai mitici zombie cinematografici, ma le analogie con l’infinita saga di George Romero (l’indiscusso “papà” degli zombie cinematografici), a parer mio, finiscono più o meno qua.
Resident Evil narra di come una potentissima multinazionale (la Umbrella Corporation), specializzata nella ricerca genetica, abbia prodotto un virus denominato “T” la cui funzione originale doveva essere quella di correggere tutti i danni che malattie e quant’altro affliggono l’umanità dall’alba dei tempi, oltre che di potenziare le doti fisiche di ogni essere umano.
Beh… tanto per cambiare, come assistito nel primo episodio, il virus si è propagato dal laboratorio madre (l’Alveare), situato nel sottosuolo della città di Raccoon City (una metropoli immaginaria con più di un milione di abitanti) per poi estendersi all’intera popolazione locale e, ovviamente, a quella mondiale.
Ma nemmeno la catastrofe ha fermato la fame di potere dei vertici della Umbrella, i quali, mentre il resto dell’umanità andava “a carte quarantotto”, hanno continuato i loro esperimenti grazie ad altre basi protette da un esercito personale e difese contro tutto e tutti… almeno così credevano.
Il quarto capitolo “Afterlife” comincia con l’assalto della nostra eroina (Alice, la cui interprete, Milla Jovovich, è un fortunato esempio di come un attore/attrice sia in grado di vestire in maniera carismatica i panni del suo personaggio) alla base-laboratorio di Tokio. Qui, a sua insaputa, incontra la sua nemesi: un altro essere umano, un altro Liker, al quale, come a lei, è stato inoculato il virus T ed i cui effetti, dal punto di vista del potenziamento del corpo, delle doti di guarigione e di quelle telecinetiche, sono pari ai suoi. Per contro il virus ha mantenuto un “difetto” peculiare: quello di non garantire lo stesso risultato per ogni ospite. Infatti quel che ha sempre fatto la differenza tra la nostra Alice e gli altri disgraziati esperimenti della Umbrella parte dal fattore sanguigno, ovvero quel qualcosa che rende un individuo su un milione (o su un miliardo) diverso dagli altri. Il virus T su Alice ha attecchito talmente bene da farne, di fatto, l’essere umano geneticamente modificato quasi perfetto, e questa ragione è quanto basta alla Umbrella per darle la caccia fin dalla fine del primo episodio, visti gli inutili tentativi di creare un essere privo di qualsivoglia “rigetto” anche dai suoi cloni. Il primo scontro finisce con un colpo di scena: la base di Tokio viene distrutta ed ambedue gli avversari sfuggono alla morte, ma il “gemello” di Alice riesce ad inocularle degli anticorpi che di fatto distruggono il virus T presente nel suo fattore sanguigno, rendendola di nuovo “umana”.
A questo punto, vedendo la nostra eroina priva di quella “marcia in più” che faceva la differenza, viene da pensare che ormai questo capitolo sia l’epilogo della vicenda.
Niente di più sbagliato!
Per nulla sconfitta, Alice decide di proseguire il suo viaggio verso l’Alaska da dove sembra essere partito un messaggio radio (vedi terzo episodio) che si ripete in automatico sempre sulla stessa frequenza, il quale invita chiunque in ascolto a raggiungere un luogo, Arcadia, dove è stata trovata la cura alla malattia e da dove l’umanità può ripartire da zero. Ma una volta giuntavi scopre che in Alaska non c’è alcunchè, anzi, le tracce ed il ritrovamento di una sua vecchia amica, inizialmente priva della memoria (partita alla fine del terzo episodio con altri sopravvissuti proprio verso Arcadia), la portano a deviare verso Los Angeles, perché è dai suoi dintorni che proviene la fonte del segnale. Giunti sulla città scoprono che uno sparuto gruppo di sopravvissuti è asserragliato nel carcere cittadino mentre tutto intorno a loro decine di migliaia di infetti li assediano. Con un atterraggio sui tetti della prigione al cardiopalma vengono a sapere che la famosa Arcadia è una grande nave cargo al largo di Los Angeles e decidono di raggiungerla. Purtroppo la sicurezza del carcere viene violata da alcuni infetti, i quali riescono a penetrarvi dai sotterranei grazie alla rete fognaria e, “dulcis in fundo”, non manca l’assalto frontale dall’esterno dell’ennesimo liker creato dalla Umbrella, un gigante alto due metri e mezzo (centimetro più, centimetro meno) dotato di un “mattarello” alla sua altezza contro il quale dovrà vedersela la nostra eroina. Alla fine, lasciando la metà dei compagni per strada, Alice ed i sopravvissuti riescono a raggiungere la nave trovando una sorpresa peggiore del male. Il cargo si rivela l’ennesimo laboratorio dove sono custoditi migliaia di esseri umani in fase di sperimentazione e, come se non bastasse, Alice si ritrova davanti il suo avversario di Tokio. Quest’ultimo è, però, allo stadio finale, vittima dello stesso virus T che lo sta ormai sopraffacendo e che vede come ultima possibilità per la sua salvezza quella di “mangiarsi” la sua avversaria. Per necessità di narrazione (e per fortuna) questo non avviene ed il liker viene sconfitto, ma quando tutto sembra finito, quando sul ponte della nave, Alice, la sua amica (che tra parentesi sembra avere le sue stessi doti di risposta al virus T) e colui che si rivela essere il fratello di quest’ultima, insieme a tutti gli altri esperimenti, stanno assaporando l’aria della libertà, ecco giungere decine di elicotteri da combattimento con il marchio della Umbrella Corporation.
L’inizio della fine, la resa dei conti, sembra alle porte. Sarà bello vedere (sperando) che il quinto episodio porti a compimento una storia che dopo una splendida alba (il primo episodio) cui è seguita una bella giornata (i tre successivi), veda anche un indimenticabile tramonto!

Cecco

I RACCONTI DI PAOLO: RITORNO A CASA

Ritorno a casa
© Paolo Leonelli 2009

Marte: anno terrestre 2014.

Una giornata serena come tante altre, nessuna nube rossa o
vento forte.
Calma piatta.
Una piccola sonda-robot si aggira con le sue piccole ruote nella
vasta vallata costellata di sassi e rocce aguzze, rigorosamente
rosse.
Camminando lascia dietro di sé un lieve sbuffo di polvere fine
che ricade immediatamente sulla superficie arida.
Improvvisamente è costretta a fermarsi perché di fronte a lei si
trovano i resti di quello che forse era un tempo un ruscello
gorgogliante, si guarda attorno e trova un piccolo passaggio
rialzato che le permette di attraversare il piccolo canale senza
danni.
Un grosso masso ora le impedisce di proseguire in linea retta
anche se, con le sue antennine lucenti, aveva in precedenza
analizzato la superficie circostante per evitare proprio questo
tipo di imprevisti.
Il suo processore invia immediatamente la soluzione e i relativi
comandi, accompagnati da bip e ribip: si torna indietro.

Ora il problema è di evitare il ruscello, passaggio alquanto
scomodo. Non è però così semplice da questa direzione, le sue
ruote devono superare un gradino di roccia marziana troppo
alto.

La strada che andava bene per l’andata non può essere percorsa
per il ritorno.

Pausa.

Bene avanti non si può andare, indietro neppure; la sonda
robotica si ferma e rimane in attesa di istruzioni dall’astronave
madre.


Marte: anno terrestre 2024
La sonda spegne tutti i sistemi per risparmiare energia.


Marte: anno terrestre 2034.
La sond…


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L'intervista semiseria

"A proposito di Maximilian ... dialogo intervistato ai due autori ... raccontato da uno dei due"
Cecco (Francesco Martino) - Correva l'anno ....
Peppe (Giuseppe Cristiano) - Che fai parli al passato?
C - No, era per creare l'enfasi.
P - Meglio di no, guarda, noi scrittori del genere fantastico passiamo già per mezzi paranoici, prova un'altro inizio.
C - Vabbeh .... allora ..... una sera di dicembre dello scorso anno ....
P - Ecco, vedi! Così va già bene.
C - Oh che bello ... allora ... dov'ero rimasto ... ah, sì, dicembre dello scorso anno ....
P - L'hai già detto questo ...
C - Lo so ma se non finisco qua andiamo avanti fino alla notte dei tempi.
P - Sono d'accordo con te, vai pure.
C - Avanti fino alla notte dei tempi?
P - Beh, se vuoi, ma posso farti compagnia fino ad un certo tratto ... poi avrei alcune cose da fare.
C - Che fai sfotti? E meno male che l'intervista è dal mio punto di vista.
P - Mmmhhh.....
C - Che c'è, non ti senti bene?
P - No .... fame!
C - Ma se abbiamo mangiato poco fa!
P - Appunto ... ecco perchè ho ancora fame, il ricordo è troppo vicino.
C - Ah .... allora sarò breve, ok?
P - Va bene, vai pure non preoccuparti.
C - E andiamo allora .... dunque l'idea era una delle tante non realizzate che avevi nel cassetto, me la mandasti tra una mail e l'altra ed io te la rimandai con qualche variante che mi era venuta sul momento.
P - Sì, esatto.
C - Poi tu il giorno dopo mi telefonasti dicendomi se me la sentivo di proseguire il progetto a quattro mani, ricordi?
P - Sì, sì, mi ricordo.
C - A gennaio feci il mio primo volo aereo Roma-Stoccolma e ti raggiunsi ed in due giorni buttammo giù il soggetto del primo episodio e le idee di base per i successivi ... e si cominciò da subito a scrivere.
P - Era buona la pasta al tonno che ci preparammo.
C - Ma pensi solo a mangiare ... comunque hai ragione proprio buona, e ci mettemmo anche una scatola di pelati ... anzi no era polpa di pomodoro se non ricordo male.
P - Sì era proprio quella, alla prima occasione dobbiamo rifarla.
C - Eh sì, quando si parla di mangiare mi trovi sempre favorevole.
P - (nessun commento e mano destra a massaggiare lo stomaco).
C - (nessun commento e mano sinistra a massaggiare lo stomaco).
P - Hai già finito?
C - Eh? ... No, no, chiudo subito che è venuta fame anche a me.
P - Ok.
C - Allora per farla breve il primo l'abbiamo già scritto ed il secondo è sulla buona strada, ed intanto si è aggiunta qualche altra idea, previsioni?
P - Mah l'estate è ormai finita quindi non è che ci si deve aspettare chissacchè dal tempo.
C - Che fai sfotti un'altra volta.
P - Ma se mi hai chiesto tu le previsioni?
C - Ecco ... appunto ... sarà la fame ... vabbeh, allora penso che posso chiudere per tutti e due dicendo che la cosa più bella è credere sempre in quel che si fa e se questo viene da comuni passioni è difficile che venga male.
P - Beh, hai detto tutto bene, allora potevi farla da solo l'intervista.
C - E perchè? Secondo te che ho fatto? Vabbeh, dai andiamo a mangiare che mi è venuta nuovamente fame.
P - Ok, ma mi sa che la polpa di pomodoro è finita.
C - Mmmhhh ... c'è l'hai la passata?
P - Sì quella quanta ne vuoi.
C - Allora stiamo a posto ... vai col tango e buon appetito a tutti!