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L'APPRENDISTA AMMINISTRATORE

L'Apprendista Amministratore

© Francesco Martino - 2010

Scherzi a parte riguardo alla gestione dei Condomìni qua è per davvero un Bronx perché la mentalità locale è molto arretrata: questa non è una cittadina ma un “paesone” dove si sono mischiate le parti peggiori (ed è vero purtroppo) delle periferie delle grandi Città intorno. In pratica, di senso civico condominiale c'è n'è davvero ben poco, pensate che le riscossioni sono costretto a farle porta a porta...” e tutto il resto è storia, come dicevano all'epoca del mio trisavolo.

Ogni volta che ripenso a questa ed altre cose riportate di generazione in generazione nei centocinquant'anni di diari condominiali tenuti dalla mia famiglia che si è tramandata nel tempo questa attività, non posso fare a meno di soffermarmi su come il mio antenato (il primo ad iniziare questa specie di diario nel 1990, poi aggiornato di padre in figlio) ha inteso una descrizione della realtà delle cose alla sua epoca. Certo che se vedesse come svolgiamo lo stesso mestiere al giorno d'oggi, penserebbe che il suo Bronx è meno pericoloso dell'asilo infantile.

Come si diceva a quel tempo? "Paese che vai, usanza che trovi", mi sembra.
Beh... oggi si potrebbe dire "Pianeta che vai, condominio che trovi". Di generazioni ne sono passate, ma non penso che avrebbe immaginato come il condominio cambiasse fino a questo punto. Ma, del resto, non poteva essere altrimenti!

Con l'integrazione galattica in atto da ormai più di settant'anni, grazie alla nascita delle prime colonie seguite al primo contatto con altre specie aliene, nessuno si aspettava che culture anche più avanate ed antiche della nostra accettassero di buon grado, perchè a loro dire era "segno di civiltà e d'integrazione tra le specie", proprio lo statuto tipo dei Condomini terrestri.

Fatto sta che, irrimediabilmente, quello che tra le righe il mio avo definiva "il morbo oscuro del malessere condominiale" sembrava essere sopravvissuto, trasmettendosi anche alle culture aliene con cui siamo venuti in contatto. A onor del vero questo non è che sia stato un gran bene. Se a quei tempi poteva accadere la classica zuffa tra condomini dove poteva scapparci il volo di oggetti unitamente a calci e pugni, oggi le riunioni di condominio, per un amministratore che le affronta senza le dovute precauzioni, possono anche significare una fine prematura del proprio lavoro... e della propria esistenza.

Una cosa di sicuro non è cambiata in tutto questo tempo: la difficoltà a trovare un degno assistente, un apprendista che sappia gestire e sostituire all'occorrenza l'amministratore stesso. Se un secolo e mezzo fa il problema era da ricercare nell'onestà dell'assistente o collaboratore, sì mi pare che lo chiamassero anche così, oggi le doti devono essere ben altre e speriamo che stavolta il giovanotto che mi sta accompagnando a questa nuova riunione condominiale sia all'altezza... ma soprattutto abbia buona memoria di tutti i consigli che gli ho dato durante il corso d'addestramento.

Ad essere sinceri la prima impressione non è stata negativa e non lo è tuttora. Educato lo è (e in quest'epoca non è poco), volenteroso, attento a quel che dico e molto ordinato pure, speriamo che in caso di necessità sappia amalgamare il tutto.

Ed eccoci arrivati: Sirius 6. Avamposto di nuovissima generazione con gruppi di alloggiamento promiscuo assembleati da meno di un anno. Qua di problemi particolari non ne dovrei trovare. Il fantomatico "morbo" non dovrebbe avere ancora attecchito... almeno spero!

Mentre la navetta ci porta al blocco residenziale è meglio che faccio un promemoria sulla lettera d'incarico ricevuta dalla 289^ Sezione del Tribunale Intergalattico. Allora vediamo un pò per punti. Nuove residenze, nuclei familiari provenienti dalla Terra, dalle colonie di Saturno, da Rigel, Andromeda, Betelgeuse, Sirio (ovviamente, è il loro sistema solare) e poi... che specie sarebbero queste? Non le avevo notate a prima lettura. Aspetta un pò, fammi vedere questi codici di richiamo nelle note a piè pagina. "Friday T.", "Urban L.", "Nightmare O.E.S."... cavolo... MUTANTI INFRARAZZA! Ecco spiegata la sostituzione dell'amministratore in così poco tempo, il mio predecessore si sarà fatto mettere "i piedi in testa" di sicuro. Beh, pazienza per lui; con me "hanno sbagliato palazzo" (è il caso di dirlo). Vuol dire che gli ultimi minuti che restano all'arrivo li utilizzerò per concentrare il mio mantra.

Un bel respiro e sono bello fresco e tosto. Quest'esercizio è migliore di ogni altro training autogeno.
Giunti a destinazione poco dopo mi alzo dal modulo ergonomico di trasporto (comodo davvero, non ho sentito il minimo sobbalzo) e accedo al gruppo di alloggiamento che mi hanno dato da gestire.
Visto da fuori, fatta eccezione per la maggior traslucidità delle pareti non ha niente di nuovo. Del resto, visto uno, li hai visti tutti.
L'androne è ben sistemato, le cassette di posta pneumatica sono intatte (buon segno, vuol dire che non dovrebbero esserci "terroristi"), gli oloschermi comuni funzionano tutti ed anche i nastri di trasporto scale e di piano.
Buongiorno Signor Amministratore Giudiziario - mi fa subito eco il portiere del complesso, un Rigelliano alto due metri e venti almeno per duecento chili di peso. Il suo sbavare accentuato sembra proprio dimostrare che è contento di vedermi.
Salute a voi - e gli faccio il classico segno della pace galattica con indice e mignolo ben alzati ed le restanti tre dita chiuse a pugno - la sala di riunione è pronta?
- Sì, Signor Amministratore Giudiziario, e tutti i condomini sono già al loro posto.
Cavolo, penso, addirittura tutti! Questa riunione con presenza al 100% sarà un record se nessuno avrà delegato e ci saranno tutti in prima persona. Guardo il mio giovane apprendista (ma sì, è meglio che dire assistente) che mi ricambia lo sguardo in maniera neutra e faccio il mio ingresso in sala, col rigelliano che mi fa da anfitrione.

Di brusio ne avevo scorto ben poco, ma dopo che il best... vabbeh, il portiere, aveva battuto poderosamente due volte in terra ambedue gli enormi piedi (ammaccando la superficie in similmarmo con mio disappunto) un silenzio assoluto cala nell'ampia sala.

Mentre procedo con passo fermo verso il modulo ergonomico posto a capotavola, dò uno sguardo con la coda dell'occhio a tutti i presenti e faccio la conta mentale. Ventuno presenti su ventitrè posti riservati ai condomini aventi diritto a partecipare, tutti ordinatamente disposti intorno al grosso tavolo circolare in simil legno di cicliegio. Dieci umani, tre Betelgeusiani, un Rigelliano, due di Andromeda, tre Siriani, un mutante Friday T. ed uno Urban L. Quindi non era un'assemblea totalitaria, tolto il posto di fianco al mio appositamente destinato al collaboratore dell'amministratore, i due assenti dovevano sedere giusto di fronte a noi, all'altro lato del tavolo. E i due assenti erano la coppia di mutanti della specie Nightmare O.E.S.! Porca galassia, due mutaforma nel cui D.N.A. erano stati inseriti i geni di una specie della fauna terrestre ormai estinta: quella dei camaleonti!

Salute a voi tutti - grazie alla mia lunga esperienza non mostro alcun segno di sorpresa e mentre mi accomodo ripeto il segno di pace galattica soffermandomi per qualche secondo con la mano alzata, creando un minimo di perplessità su buona parte dei presenti della specie umana. Evidentemente qualcuno di loro era un appassionato di storia antica e ben conosceva che quel gesto in epoche passate significava ben altra cosa, ed ancora oggi (a onor del vero) se non si ritraeva subito la mano poteva sottintendere il significato opposto a quello di pace universale. Bah... lo sfizio una volta tanto me lo potevo anche prendere.

Accendo lo schermo a raggiera del verbale di assemblea elettronico e dinanzi il posto a sedere di ognuno si illumina l'apposito visore da tavolo sul quale scorrerà per la durata della seduta tutta la relazione. Ovviamente, sia ringraziata la mia ventennale esperienza, prima di far scorrere il testo faccio in maniera tale da portare la luminosità di ogni schermo al massimo e mentre gli umani presenti si coprono istintivamente gli occhi ed i restanti restano quasi impassibili, il mio sguardo vigile, che mai si era scostato più di un tanto dinanzi a me, nota subito che i due visori posizionati all'altro lato del tavolo ad uso dei due posti vuoti cominciano a crepitare con scariche elettrostatiche. Una frazione di secondo, tanto mi occorre per battere i tacchi delle mie due calzature ed essere immediatamente avviluppato da un campo di forza, optional indispensabile in dotazione all'abbigliamento da riunione di ogni amministratore di condominio del XXII° secolo. Ed infatti prima ancora dell'inizio del secondo successivo, mentre chiudo gli occhi, intravedo lo scaturire di due getti di energia ionica, come sgorgati dal nulla di fronte a noi, che investono in pieno la mia postazione e quella del mio assistente.

Nemmeno un'ora dopo ero già sulla navetta che mi riportava allo spazioporto astrale. Stavolta ero stato fortunato. La coppia di Nightmare O.E.S. aveva giocato lo stesso scherzo al mio predecessore, reo del fatto che gli aveva fatto pignorare gli alloggi, che tra parentesi erano gli attici più lussuosi del complesso condominiale, perchè dal giorno che erano entrati non avevano mai pagato la rata che gli competeva. Ovviamente quei loro modi di fare "da terroristi" avevano intimidito tutti gli altri condomini che in occasione della scomparsa del primo amministratore si erano ben guardati dall'inoltrare denuncia. Ufficialmente la causa di precoce scomparsa del mio collega era stata imputata ad un malfunzionamento dei visori da tavolo personali la cui alimentazione era proprio ad energia ionica. Meno male che pur non avendone mai incontrati conoscevo la peculiarità di manipolare questo tipo di energia propria dei mutanti della specie Nightmare altrimenti non starei qui a raccontarlo... peccato per il mio giovane apprendista amministratore, che non è stato altrettanto rapido e cosciente del pericolo!

I racconti di Valeria - Un amore ritrovato (parte finale)



Quella sera dopo aver abbassato la saracinesca, anziché tornare a casa, desiderai visitare un luogo a me caro dove i segni di un amore sincero erano racchiusi sotto le cortecce, tra i rami, nel fruscio delle foglie. Risentii una dolce melodia che mi fece voltare e vidi, sotto gli alberi, Maria Elena che canticchiava pensierosa. - Vedi quei due uccellini sul ramo? Nessuno gli dice come comportarsi o dove andare, possono scegliere la strada da percorrere. Sarebbe bello essere come loro, senza catene.
Le accarezzavo il viso, scostando la ciocca ribelle, incrociando il suo sguardo. Rispondevo alle sue domande sfiorandone le labbra, con gentilezza. Maria Elena era un’anima candida che non riusciva a opporre resistenza al dominio del padre. Toccava a me prendere in pugno la situazione. Le avrei proposto di fuggire insieme. Ma cos’avevo da offrire? Meritava di patire le ristrettezze legate al mio status sociale? Potevo essere visionario a tal punto da illuderla che non avremmo riscontrato alcuna difficoltà, che ci bastava il nostro amore? No! Nonostante l’amarezza e il patimento sapevo che non avevo scelta. Io, non potevo donarle la felicità. Lo sbadiglio di un clochard mi destò dai ricordi. Con le mani in tasca, mi avviai sulla strada del ritorno.

Leggevo i fatti di cronaca che il Giornale riportava, assaporando un caffè. Passando da un articolo all’altro non riuscivo a capacitarmi di come le persone potessero uccidere con sconcertante facilità. <Anziano aggredito nel proprio appartamento, studentessa sgozzata nei pressi di una campagna abbandonata, guardia giurata accoltellata per aver tentato di fermare un rapinatore>. Nonostante considerassi Siracusa una piccola città, avvenivano crimini talvolta gravi, che mettevano a rischio l’incolumità dei suoi cittadini. Era trascorsa un’interminabile giornata. Più calda rispetto alle altre. La Primavera stava arrivando. Si odorava nell’aria, una fragranza di fiori e voglia di assaporare i raggi del sole che portavano un piacevole tepore.
Entrò un cliente e sperai che fosse l’ultimo della giornata. Da subito mi accorsi che barcollava mentre occupò un posto dinanzi a me. - Si sente bene? - Sì – rispose seccato – dammi qualcosa da bere. - Che tipo di bibita posso servirle?
- Forse non ci siamo capiti – marcò il dialetto – fammi bere.
Era già brillo, quindi non potevo accontentarlo. Riempii un bicchiere di acqua.
- Mi prendi in giro? – andò su tutte le furie.
- La prego di moderarsi, è già ora tarda
. - Allora sei stupido – estrasse un’arma puntandola contro il mio petto. Con il tremolio nella mano provava a prendere la mira.
- Non fare sciocchezze – assunsi un tono confidenziale – sono stanco come lo sarai tu. Abbassa quella pistola.
- Voglio bere. E’ chiedere troppo?
- Non posso darti altro alcool, capisci che fai del male solo a te stesso?
- Taci ! - Lo sparo assordante mi sorprese. Vidi la mano, tinta di rosso. La camicia dapprima chiara assunse lo stesso colore. - Non parli più? – le sue ultime parole riecheggiarono nella mia testa prima che il buio s’impadronisse di me.

Un dolore insopportabile che non mi permetteva di respirare. Fu quella la sensazione quando ripresi conoscenza. Lo sguardo del Dottore non era per nulla incoraggiante. - Ha perso molto sangue Signor Faraci. Cerchi di riposare. Chiusi gli occhi seguendo il suo consiglio. Non riuscivo più a distinguere la realtà dal suo opposto. Riaprendoli era lì, accanto, che mi osservava preoccupata, l’elegante Signora. Le sorrisi - Sei un angelo?
- No – rispose – mi basta essere tua figlia - piangeva, asciugando le lacrime con un fazzoletto.
- Figlia?
- Ero venuta l’altro giorno per ascoltare la storia di te e mamma. Volevo confessarti la mia identità ma tremavo. Non so cosa potrei fare se mi rifiutassi.
- Maria Elena … - fu impossibile per me restare calmo.
- Non c’è più. Ci ha lasciato un anno fa. Sul letto di morte mi ha raccontato del vostro amore e di come lei ti amava ancora.
Apprendere la notizia mi sconvolse. Credevo che Maria Elena mi avesse dimenticato. Invece la vita mi donava un nuovo piacere? Il dolore che non mi permetteva di respirare a un tratto svanì. Mi sentii libero.
- Vieni Salvatore? –quella voce deliziosa che mai avrei potuto dimenticare pronunciò il mio nome. Maria Elena era lì, con le sembianze di quando era bambina. Sorrideva tendendo la mano. Ero contento di vederla ma ero anche spaventato
- Che succede?
- E’ il corso naturale della vita. Non devi preoccuparti.
Per quanto tempo avevo desiderato poterla toccare, di nuovo, come se la nostra separazione fosse stata solo un breve passaggio, sopportabile, dinanzi alla possibilità di proseguire il cammino insieme. Commosso, piangevo. - Ti chiedo scusa Maria Elena perché ti ho deluso. Se dal profondo del cuore riuscirai a perdonarmi sarò felice. Per quanto io desideri afferrare la tua mano, tuttavia, non posso farlo. Se ora me ne andassi, ripeterei lo stesso errore. Nostra figlia Irene ha bisogno di me.
Sbatté le palpebre più volte. Rimase con quella mano tesa ancora qualche istante prima di ritrarla - Allora va, continuerò ad aspettarti.

Il mio nome ripetuto più volte. L’urlo disperato di Irene non voleva lasciar andare la mia anima. E poi, la luce.
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L'intervista semiseria

"A proposito di Maximilian ... dialogo intervistato ai due autori ... raccontato da uno dei due"
Cecco (Francesco Martino) - Correva l'anno ....
Peppe (Giuseppe Cristiano) - Che fai parli al passato?
C - No, era per creare l'enfasi.
P - Meglio di no, guarda, noi scrittori del genere fantastico passiamo già per mezzi paranoici, prova un'altro inizio.
C - Vabbeh .... allora ..... una sera di dicembre dello scorso anno ....
P - Ecco, vedi! Così va già bene.
C - Oh che bello ... allora ... dov'ero rimasto ... ah, sì, dicembre dello scorso anno ....
P - L'hai già detto questo ...
C - Lo so ma se non finisco qua andiamo avanti fino alla notte dei tempi.
P - Sono d'accordo con te, vai pure.
C - Avanti fino alla notte dei tempi?
P - Beh, se vuoi, ma posso farti compagnia fino ad un certo tratto ... poi avrei alcune cose da fare.
C - Che fai sfotti? E meno male che l'intervista è dal mio punto di vista.
P - Mmmhhh.....
C - Che c'è, non ti senti bene?
P - No .... fame!
C - Ma se abbiamo mangiato poco fa!
P - Appunto ... ecco perchè ho ancora fame, il ricordo è troppo vicino.
C - Ah .... allora sarò breve, ok?
P - Va bene, vai pure non preoccuparti.
C - E andiamo allora .... dunque l'idea era una delle tante non realizzate che avevi nel cassetto, me la mandasti tra una mail e l'altra ed io te la rimandai con qualche variante che mi era venuta sul momento.
P - Sì, esatto.
C - Poi tu il giorno dopo mi telefonasti dicendomi se me la sentivo di proseguire il progetto a quattro mani, ricordi?
P - Sì, sì, mi ricordo.
C - A gennaio feci il mio primo volo aereo Roma-Stoccolma e ti raggiunsi ed in due giorni buttammo giù il soggetto del primo episodio e le idee di base per i successivi ... e si cominciò da subito a scrivere.
P - Era buona la pasta al tonno che ci preparammo.
C - Ma pensi solo a mangiare ... comunque hai ragione proprio buona, e ci mettemmo anche una scatola di pelati ... anzi no era polpa di pomodoro se non ricordo male.
P - Sì era proprio quella, alla prima occasione dobbiamo rifarla.
C - Eh sì, quando si parla di mangiare mi trovi sempre favorevole.
P - (nessun commento e mano destra a massaggiare lo stomaco).
C - (nessun commento e mano sinistra a massaggiare lo stomaco).
P - Hai già finito?
C - Eh? ... No, no, chiudo subito che è venuta fame anche a me.
P - Ok.
C - Allora per farla breve il primo l'abbiamo già scritto ed il secondo è sulla buona strada, ed intanto si è aggiunta qualche altra idea, previsioni?
P - Mah l'estate è ormai finita quindi non è che ci si deve aspettare chissacchè dal tempo.
C - Che fai sfotti un'altra volta.
P - Ma se mi hai chiesto tu le previsioni?
C - Ecco ... appunto ... sarà la fame ... vabbeh, allora penso che posso chiudere per tutti e due dicendo che la cosa più bella è credere sempre in quel che si fa e se questo viene da comuni passioni è difficile che venga male.
P - Beh, hai detto tutto bene, allora potevi farla da solo l'intervista.
C - E perchè? Secondo te che ho fatto? Vabbeh, dai andiamo a mangiare che mi è venuta nuovamente fame.
P - Ok, ma mi sa che la polpa di pomodoro è finita.
C - Mmmhhh ... c'è l'hai la passata?
P - Sì quella quanta ne vuoi.
C - Allora stiamo a posto ... vai col tango e buon appetito a tutti!