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Wanted - "The Public Enemy" - Ricercato "Nemico pubblico"

Wanted - "The Public Enemy" - Ricercato "Nemico pubblico"
Perchè vale la pena vivere? Per vedere il Sole e la Luna che si alternano ogni giorno, trovando il tempo di leggere nel frattempo il romanzo od il fumetto che più ci piace.

Progetto gruppi di lavoro scrittori e disegnatori emergenti

Dedicato a quanti vogliono mettersi in gioco senza rimetterci un €urocent.
Sei un appassionato di Fantascienza, Fantasy ed Horror, o di tutta la Narrativa in generale?


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...e queste le collane antologiche attualmente in lavorazione:
CENERI DEL FANTASTICO per la fantascienza
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I RACCONTI DI SALVO: PIT STOP - SECONDA PARTE



“Giorgino, so cosa pensi adesso, ti starai chiedendo cosa sia venuta a fare ora qui da te. Né sesso, né soldi, né … niente di tutto questo, ti sarai chiesto, e avrai, a ragione, scartato ognuna di queste ipotesi.
E’ difficile dirtelo, anche perché non mi crederesti mai. Ricordi quella frase che scrivesti di nascosto nel mio diario quel giorno di giugno?”.
E come avrei potuto – pensava in cuor suo Giorgino, sapendo che Elisa stava leggendo in tempo reale i suoi pensieri – scordare quel giorno? Al gioco dei PERCHE', durante la ricreazione, Elisa aveva perso e il suo pegno era stato quello di baciare il più brutto. E la stronza … che amavo già, aveva baciato me. L’aveva fatto perché mi riteneva il più brutto oppure perché anche lei provava le stesse cose che mi facevano battere il cuore a mille? Biondina, le lentiggini, secca come un’acciuga, i calzettoni bianchi al ginocchio, Elisa era la mia innamorata segreta e dopo quel bacio veloce, a labbra chiuse e gelate … beh, l’avrei sposata’.

“Giorgino che fai ti sei incantato? Ti ho chiesto se ricordavi …” “Certo che lo ricordo – fece lui interrompendola bruscamente ma pentendosi subito d’averlo fatto. Adorava sentirla parlare, era così diversa adesso la sua voce da quella di gallinaccio che aveva a scuola – ricordo tutto di quei cinque anni di liceo, cosa credi che mi sia già rincoglionito a lavorare in officina? Tu piuttosto, sei venuta qui a provocarmi, a chiedermi del diario o per cosa? Mi fai allungare il collo per cinque anni, giocavi a a te la do, non te la do, popoli i miei sogni di autoerotismo fino a sfinirmi, scompari per vent’anni e ricompari da gran signora con gioielli che valgono una fortuna … mi dici finalmente che cazzo vuoi?”.

Il tono di Giorgino era adesso da uomo serio, maturo, forse ferito. Non ammetteva più repliche o tentennamenti e lo sguardo continuo al suo orologio da polso, fece capire ad Elisa che avrebbe dovuto dare le spiegazioni che l’uomo esigeva. Il bacio, l’abbraccio, il suo abbigliamento sexy non facevano più colpo in quel momento.
Si sedette sciogliendosi dall’abbraccio di Giorgio e accavallò molto compostamente le gambe, per quanto le consentisse la gonna. “Ti va un cognac – disse Giorgino mentre apriva lo sportello del frigo-bar – ghiaccio?”. “Grazie sono astemia … quel giorno di giugno dell’ultimo anno di Liceo, scrivesti qualcosa che avrei ritrovato vent’anni dopo. Scrivesti la frase di un grande scrittore Ci si avvicina alla fine del viaggio, ma la fine è un traguardo, non una sconfitta . Era di George Sand, la controversa e scandalosa scrittrice Francese, inserita nelle del 1856.
All’inizio non capivo cosa significasse. Misi da parte quel vecchio diario, anzi lo rimisi in fondo al baule dove lo avevo trovato e lì rimase sepolto. Ricordo però la data, era il cinque di giugno. Passarono gli anni. Un giorno mio marito mi disse che aveva portato la sua vecchia 500 Fiat a restaurare da un bravo meccanico, il più bravo di Roma. Nemmeno gli chiesi chi fosse, m’importava davvero così poco di quel suo vecchio macinino! Tra l’altro c’aveva scarrozzato sopra anche la “tua” Sofia, per cui gli augurai che la piantasse contro un muro, quella macchina, magari con loro due dentro…”.

“Aspetta, aspetta Elisa, mi stai dicendo che Sofia e tuo marito … ma non sapevo che tu fossi sposata, e che Sofia …”, “Eh si caro il mio meccanico, la tua Sofia ti faceva becco col Presidente del più grosso gruppo assicurativo d’Europa, l’Union des Assurances des Ouvriers, nonché mio legittimo consorte, sposato con la sottoscritta da otto anni ma in tresca con la puttanella da almeno due. Avevo scoperto presto l’inghippo ma mi tornava comodo non dir nulla ed evitare un divorzio, un uomo così ricco non lo trovi appena giri l’angolo. Certo non sapevo ancora che fossi tu quel meccanico così drago. A volte il destino tesse così bene le sue trame e i suoi orditi che nemmeno una bravissima tessitrice saprebbe far di meglio.
Una sera tornavo dalla palestra ed in Trastevere, in Piazza Trilussa, con la coda dell’occhio, parcheggiata all’interno di quei recinti di plastica arancio che usano gli operai per delimitare le strade, vidi la 500 gialla. Piantai la Delta. Non potevo sbagliare. Il finale di targa 156 era quello. Decisi di aspettare. Scesi, l’auto era vuota, il cofano motore appena tiepido. Doveva essere lì da un po’. Passò qualche minuto, li vidi; mio marito Alberto e lei, la puttanella. Uscivano da un vecchio quartierino proprio dietro a un ristorante. Lui le teneva un braccio intorno alla vita e prima di raggiungere la macchina le mollò almeno tre o quattro pacche sulle natiche, sussurrandole qualcosa di molto divertente, perché lei sbottò in risate sempre più allegre”.

Giorgio ascoltava interessato il lungo monologo di Elisa. Ogni tanto si mordeva il labbro inferiore mentre le mani si facevano nervose quando la donna raccontava gli episodi più scabrosi di quel rapporto adulterino. “I due amanti, - continuò nel racconto Elisa,- raggiunsero presto la 500 e ancora ridendo e scambiandosi effusioni salirono. La vecchia macchina sbuffò un poco, col tipico ondeggiamento di tutta la carrozzeria e lo sferragliare caratteristico delle 500 quando si mettono in moto. Dopo un paio di tentativi in cui pareva che crollasse tutta, si avviò, portando i due verso Castel Sant’Angelo. Era questa la riunione del CdA per cui avrebbe tardato – continuava inviperita Elisa – e quella mignotta era sicuramente la socia di maggioranza. Avrei avuto una gran voglia di tamponarli entrambi e far loro saltare le murate per buttarli nel Tevere. Mi calmai un poco e pensai che la vendetta andava servita fredda, come piaceva a me”. “Continuo a non capire perché racconti a me tutto ciò Elisa. Mi hai fatto scoppiare il cuore per tanti anni, sono letteralmente appassito d’amore per te, poi sparisci per oltre vent’anni e torni adesso per raccontarmi che tuo marito ti tradiva con la mia ex fidanzata. Mi pare tutto così strano …”.

“Ascolta Giorgio – riprese Elisa assumendo di nuovo la sua aria felina addomesticata – a che punto è adesso la 500, voglio dire è già finita? Può viaggiare?”, “Si certo, la macchina ha bisogno ormai di pochi ritocchi alla carrozzeria, ma il motore è a posto, anzi, va che è una bomba. Ho montato il 695 dell’Abarth e senza bisogno di alterare il cofano, così non si vede quella bombatura da magnaccia ed evito di mettere lo scorpione nero su fondo giallo e rosso … vuoi provarla?”. Elisa si accostò nuovamente all’uomo ed il suo costosissimo profumo unito alle sue movenze da gran seduttrice lo turbarono nuovamente. “Ti si arrossiscono le orecchie, come ai tempi della scuola, sei proprio buffo.

Dai Schumacher, fammi provare l’ebbrezza della guida spericolata”. Non gli diede il tempo di replicare perché lo baciò con una passione e una sapienza da ‘navigatrice consumata’. Appiccicò il suo corpo a quello dell’uomo, inguine contro inguine. Percepì la mascolinità di Giorgio e continuò a baciarlo mentre con una mano galeotta gli carezzava la nuca all’attaccatura del collo robusto. Era lei che comandava il gioco, e si liberò prima che egli potesse azzardare un solo movimento ‘sbagliato’ delle mani. Gli permise solo che queste scivolassero sulle sue natiche, le premessero un poco in avanti contro di lui e poi l’incantesimo finì. Come allora, come sempre.
....Continua

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"All'ombra dell'albero del sonno"
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I RACCONTI DI CECCO: MALEDETTA DISTRAZIONE

MALEDETTA DISTRAZIONE


© Francesco Martino – 2010


Questa occasione non posso lasciarmela scappare.

No, proprio no.

Sbagliare ancora una volta significherebbe essere destinato, vita natural durante, ad un incarico d’ufficio, immerso in una valanga di scartoffie e di polvere.

Eh, sì, proprio polvere e cartacce mi toccherebbero, visto e considerato che, non potendomi licenziare, mi destinerebbero nell’unico ufficio rimasto ancora all’età della pietra dove quel che si avvicina di più ad un computer è una vecchia macchina da scrivere modello Olivetti linea 98.

Ma stavolta niente distrazioni.

E che cavolo!

La prima può anche capitare in rarissimi casi a quello meglio preparato di noi, la seconda di per sé è già un evento unico, ma la terza significherebbe essere fuori dai giochi.

Come posso scordarmi le poche e laconiche parole del dirigente d’ufficio proprio dopo la mia seconda disattenzione.

Errare è umano – mi disse apostrofandomi con l’indice della mano destra puntato come un’arma dritto in mezzo ai miei occhi – ma perseverare è diabolico ed è contro ogni nostra regola. Concentrati solo ed esclusivamente sul tuo incarico perchè al prossimo sbaglio non ci saranno più proroghe, raggiungerai il vecchio Aldus giù nell’archivio.

Fortunatamente il mio nuovo cliente è un tipo tutta casa e chiesa. Già, “Tutto casa e chiesa…” è proprio il caso di dirlo.

Puntuale come un orologio svizzero, tutte le mattine dal lunedì al sabato per andare al lavoro, regolarissimo al rientrare nel pomeriggio e ligio a tutti i doveri coniugali e religiosi per la restante parte del tempo, domenica inclusa.

Peccato che non abbia avuto figli, ma in questi casi il destino è imponderabile e questo lo insegnano anche a noi in accademia fin dalla prima lezione.

Ma alla fine dei conti, la distrazione di uno o più figli nella propria vita comporta un margine di difficoltà in più nello gestire ogni individuo; quindi, spiacente per lui, ma meglio per me che ho una difficoltà in meno.

E poi chi sono io?

Il suo salvatore per caso?

Quel che debbo fare è evitare che durante la sua esistenza quotidiana compia degli atti che cambino quanto è scritto nel suo libro del destino e basta.

Questo mi compete, solo questo!

A tal proposito, non so perché proprio oggi ha deciso di andare al lavoro in bicicletta, lui che usa da una vita i mezzi pubblici e manco l’automobile si è comprato.

Sentissi le lamentele della moglie dal giorno che si sono sposati. Ma così era scritto e così ha deciso per lui… e per lei, ovviamente!

Vabbeh, pazienza, vorrà dire che una volta tanto dovrò metterci la mia mano se occorrerà, tuttavia, non credo di dovermi preoccupare più di tanto e proprio perché lo conosco ormai abbastanza bene.

Finora stiamo procedendo a passo di lumaca, su una pista ciclabile che tutti rispettano in questa città e siamo prossimi all’ultimo incrocio prima di entrare nel vialetto privato di casa sua. Un centinaio di metri e manco e siamo giunti alla meta.

Ecco, benissimo così, siamo prossimi all’incrocio. Ah, qua bisogna stare comunque attenti perché la strada è bella larga e a quest’ora c’è ancora parecchio traffico e qualche distratto può sempre capitare.

Qualche metro ancora e… toh, guarda guarda, chi c’è di fronte a noi dall’altro lato pronti anche loro ad attraversare: la mia vecchia compagna di corso Angela con il suo cliente. Eehh, bella gnocca. L’unica capace di distrarmi da qualsiasi dovere anche solo per un secondo…

E tanto o poco più è il lasso di tempo che trascorre e che fa sì che il nostro protagonista molli l’invisibile presa sul suo cliente che attraversa la strada mentre sopraggiunge un furgone con i freni rotti che investe in pieno uomo e bicicletta, uccidendolo.

Porca miseria – esclama Leo subito dopo – adesso sì che sono fottuto. La mia carriera di angelo custode è giunta alla fine!

David Bowie - Space Oddity (stereo version)

David Bowie- Starman

I RACCONTI DI PAOLO: LA SCOMMESSA DI HAROLD NASH



© Paolo Leonelli 2010

New York, 5 gennaio 2020 ore 11,00

Harold Nash.
Un nome, una storia di solitudine.
Cinquant'anni, di origine scozzesi, da molti anni viveva nei sobborghi di New York. Precedentemente aveva vissuto in diverse città d'Europa.
Risultava essere disoccupato. Disponeva di una discreta fonte di reddito proveniente da un lascito di uno zio paterno, che gli garantiva una vita dignitosa.
Amava scommettere.
L'unica attività che lo aveva fatto uscire e girare il mondo era questa; scommettere.
Nulla nella vita lo appagava di più. Aveva scommesso su tutto; sui risultati sportivi, sul tempo, sulle elezioni, sulle tasse, sui vicini di casa, sul nome del cane di un passante, sulla fine della guerra in Afghanistan, su ogni primato del mondo, sul PIL dei paesi industrializzati per i dieci anni successivi, sui misteri irrisolti, sulle temperature estive, ecc.
Oltre la compagnia di altri scommettitori, nessuno. Moglie, fidanzata, troppo complicato e poco interessante per lui, solo qualche incontro occasionale.
Nel tempo libero si era dedicato al modellismo e alla lettura di libri sugli sport.

Le notizie qui citate sono state ricostruite grazie ad una sorta di diario che teneva nella cassettiera della sua camera da letto.

Ora il rapporto sull'accaduto, in attesa delle risposte degli esami di laboratorio.

Il giorno dopo l'inizio del nuovo anno sappiamo che uscì verso le ore 12,00 per fare compere. Si desume da alcune carte di alimenti ritrovate nella sua abitazione che avesse acquistato del cibo precotto, frutta e birra.
La piccola villetta dove viveva non mostrava, al momento del ritrovamento di un cadavere che si presume essere il signor Nash, con la gola tagliata e il volto sfigurato, segni di forzatura sulla porta d'ingresso o alle finestre.
Evidenti segni di lotta all'interno. A terra, pinze, sega da falegname, martello, bisturi e trapano a batteria, scarico.
Al centro del piccolo soggiorno di fronte al televisore, il divano era stato spostato e giaceva capovolto; al suo posto era una sedia in legno con braccioli interamente ricoperta di sangue.

A terra un taccuino con delle pagine di appunti che, a un primo confronto con il diario, non risultano scritti da Harold Nash.
Ci sono diverse impronte insanguinate che paiono appartenenti alla stessa persona, tranne una in fondo all'ultima pagina probabilmente dell'assassino che indossava pesanti guanti in cuoio.

La prima pagina riportava queste parole:
Io sottoscritto Harold Nash acconsento a partecipare alla seguente scommessa:
- posta in palio: la mia vita contro cinque milioni di dollari
- condizioni: nessuna parola, urlo, o bisbiglio dovrà uscire dalle mie labbra
- il qui presente incaricato e partecipante alla scommessa avrà dieci tentativi e libertà d'intenti per stimolare la mia reazione
- è qui presente l'intera somma, da me verificata, a garanzia del corretto svolgimento della scommessa, in una valigetta metallica.
Firma
Harold Nash
La seconda pagina elencava sinteticamente in stampatello, sotto forma di elenco puntato i tentativi posti in essere.
1
- Asportazione alluce piede destro
Nessun esito
2
- Taglio orecchio sinistro
Nessun esito
3
- Bruciatura occhio destro
Nessun esito
segue parte incomprensibile, pagina strappata.

Dopo un accurata perquisizione non è stata trovata traccia della valigetta citata ne dell'altra persona presente. Allo stato attuale non è nota l'identità dell'individuo citato negli appunti. Le ricerche proseguono.


Nello stesso momento nello Stato del Belize,
località non determinata:

– Ehi guercio, cosa hai deciso?
– Accetto. Quanto vuoi puntare?
– Ventimila.
– Molto bene, andata! – rispose l'uomo, avviandosi verso il molo con andatura zoppicante, spostando una ciocca di capelli sull'orecchio mancante...

inno dell'anestesista

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Vivere -Tito Schipa

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IL RITORNO DELL'ORCO... SHREK "e vissero felici e contenti"


Mano ai forconi ed alle fiamme, l'orco è tornato!
Ovvio che nel caso in questione l'incitazione è da prendere in forma caricaturale perchè questo orco è uno dei più simpatici nella storia del cinema d'animazione: SHREK!
Siamo al quarto episodio e, se guardiamo ai tre precedenti, non si può fare a meno di notare come la distanza tra un'uscita e l'altra si sia intervallata di un triennio per volta (2001, 2004 e 2007).
Statistiche a parte, forse è meglio se passo al film.
Allora, che dire... il ragazzo che c'è in me può ritenersi soddisfatto, l'adulto ed appassionato del genere non può non notare che il nostro Shrek è maturato.
Sì, sì... maturato maturato!
Anche stavolta è alle prese con il nemico di turno, Tremotino, accompagnato da una nutrita corte di streghe al suo servizio, ma la storia in cui si ritrova il nostro eroe è causa di un suo desiderio, un desiderio normale e vicinissimo alla realtà di tutti i giorni: sfuggire al quatidiano stress familiare.
Fortunatamente, il divorzio o la separazione consensuale sono fuori dalla narrazione (per fortuna) e quel che desidera Shrek è di tornare, almeno per un solo giorno, ad essere quello che era prima che tutto avesse inizio.
Purtroppo la storia fantastica ci insegna (vedi patti col diavolo e simili) che certi desideri è preferibile che restino tali e che se proprio li si vuole realizzare occorre quantomeno conoscere chi sia il nostro interlocutore e cosa celino realmente le sue intenzioni.
Questo è quanto non accade per Shrek, il quale non sa che il suddetto Tremotino nutre nei suoi confronti un odio viscerale dovuto al fatto che l'atto eroico compiuto da Shrek nel primo episodio, ovvero liberare dal castello la principessa Fiona, abbia privato all'ultimo momento Remotino dal diventare il sovrano incontrastato del regno di Molto Molto Lontano che i genitori della sua amata erano pronti a cedergli a patto che liberarsse la loro amata figlia dall'incantesimo casua del suo esilio. Tremotino (o Remotino o Motino, come lo scimmiottano nel corso della pellicola) è un venditore d'incantesimi sotto forma di desideri su pergamena; in pratica tu sottoscrivi e per ventiquattrore si avvera quel che più ti sta a cuore. "Ebbene?" direte voi! "Ebbene!" dico io. Sempre meglio che i termini del desiderio siate voi a sceglierli, evitando di lasciare "l'incomodo" al vostro peggior nemico (specie se lo è a vostra insaputa).
Shrek, infatti, lascia a Tremotino la scelta di quali ventiquattrore della sua esistenza passata non debbano aver luogo e Tremotino, ovviamente, coglie la palla al balzo e sceglie che siano quelle precedenti al giorno in cui l'ingenuo orco è nato.
E così Shrek si ritrova in una realtà alternativa a quella vissuta fino a pochi attimi prima, una realtà dove Tremotino è il signore incontrastato (con tanto di corte di streghe) che tiranneggia sul popolo e tiene da schiavi tutta la popolazione di orchi. Solo un gruppo di "dissidenti" cerca di resistergli ed a capo di questo gruppo c'è nientemeno che Fiona (che ovviamente non ricorda assolutamente nulla di Shrek). "Idem con patate" per quanto riguarda gli altri amici. Ciuchino (che almeno non ha perso la favella) fugge al solo vederlo, il Gatto con gli stivali sembra diventato un peso massimo e per farlo muovere con agilità ci vorrebbero un paio di razzi sotto i piedi e gli altri comprimari non hanno ricordo alcuno del vecchio amico.
Le gags che si susseguono, sempre con goliardica dissacrazione dei luoghi comuni delle favole (costante che ha accomunato e caratterizzato tutte e quattro le pellicole), si contorcono in una serie di rocambolesche vicende che culminano nella lotta finale tra la corte di Tremotino ed il nostro Shrek, che ancora una volta combatte con una Fiona, la quale, al termine della lotta, grazie all'innato coraggio dimostrato da quast'ultimo, ritrova per lui l'antico amore. Tutto ciò accade proprio sul filo di lana, mentre si consumano gli ultimi secondi delle ventiquattrore dopo le quali l'incantesimo della pergamena diventa irreversibile e, come nel primo episodio, il bacio di vero amore rompe i sogni di potere di Tremotino e restituisce in un'esplosione di luci e vetri infranti il nostro Shrek alla sua realtà, a quella realtà che tanto lo stressa ma che è sempre la sua realtà, con le difficoltà, le gioie, i dolori, le arrabbiature, ma anche i suoi amori ed i suoi fedelissimi amici di sempre, un pò invadenti forse, ma che sono sempre quanto di più spontaneo e sincero lo attornia.
Stavolta il lieto fine serve anche a far riflettere (e qui veniamo alla spiegazione del "maturato") sul come i tanti problemi che incupiscono "il cielo quotidiano" di noi esseri umani, se ci si arma di un pò di pazienza e tenacia,  vengono sempre illuminati, prima o poi, dai raggi di sole splendente che "bussano" al di là della coltre di nubi.

Cecco

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L'intervista semiseria

"A proposito di Maximilian ... dialogo intervistato ai due autori ... raccontato da uno dei due"
Cecco (Francesco Martino) - Correva l'anno ....
Peppe (Giuseppe Cristiano) - Che fai parli al passato?
C - No, era per creare l'enfasi.
P - Meglio di no, guarda, noi scrittori del genere fantastico passiamo già per mezzi paranoici, prova un'altro inizio.
C - Vabbeh .... allora ..... una sera di dicembre dello scorso anno ....
P - Ecco, vedi! Così va già bene.
C - Oh che bello ... allora ... dov'ero rimasto ... ah, sì, dicembre dello scorso anno ....
P - L'hai già detto questo ...
C - Lo so ma se non finisco qua andiamo avanti fino alla notte dei tempi.
P - Sono d'accordo con te, vai pure.
C - Avanti fino alla notte dei tempi?
P - Beh, se vuoi, ma posso farti compagnia fino ad un certo tratto ... poi avrei alcune cose da fare.
C - Che fai sfotti? E meno male che l'intervista è dal mio punto di vista.
P - Mmmhhh.....
C - Che c'è, non ti senti bene?
P - No .... fame!
C - Ma se abbiamo mangiato poco fa!
P - Appunto ... ecco perchè ho ancora fame, il ricordo è troppo vicino.
C - Ah .... allora sarò breve, ok?
P - Va bene, vai pure non preoccuparti.
C - E andiamo allora .... dunque l'idea era una delle tante non realizzate che avevi nel cassetto, me la mandasti tra una mail e l'altra ed io te la rimandai con qualche variante che mi era venuta sul momento.
P - Sì, esatto.
C - Poi tu il giorno dopo mi telefonasti dicendomi se me la sentivo di proseguire il progetto a quattro mani, ricordi?
P - Sì, sì, mi ricordo.
C - A gennaio feci il mio primo volo aereo Roma-Stoccolma e ti raggiunsi ed in due giorni buttammo giù il soggetto del primo episodio e le idee di base per i successivi ... e si cominciò da subito a scrivere.
P - Era buona la pasta al tonno che ci preparammo.
C - Ma pensi solo a mangiare ... comunque hai ragione proprio buona, e ci mettemmo anche una scatola di pelati ... anzi no era polpa di pomodoro se non ricordo male.
P - Sì era proprio quella, alla prima occasione dobbiamo rifarla.
C - Eh sì, quando si parla di mangiare mi trovi sempre favorevole.
P - (nessun commento e mano destra a massaggiare lo stomaco).
C - (nessun commento e mano sinistra a massaggiare lo stomaco).
P - Hai già finito?
C - Eh? ... No, no, chiudo subito che è venuta fame anche a me.
P - Ok.
C - Allora per farla breve il primo l'abbiamo già scritto ed il secondo è sulla buona strada, ed intanto si è aggiunta qualche altra idea, previsioni?
P - Mah l'estate è ormai finita quindi non è che ci si deve aspettare chissacchè dal tempo.
C - Che fai sfotti un'altra volta.
P - Ma se mi hai chiesto tu le previsioni?
C - Ecco ... appunto ... sarà la fame ... vabbeh, allora penso che posso chiudere per tutti e due dicendo che la cosa più bella è credere sempre in quel che si fa e se questo viene da comuni passioni è difficile che venga male.
P - Beh, hai detto tutto bene, allora potevi farla da solo l'intervista.
C - E perchè? Secondo te che ho fatto? Vabbeh, dai andiamo a mangiare che mi è venuta nuovamente fame.
P - Ok, ma mi sa che la polpa di pomodoro è finita.
C - Mmmhhh ... c'è l'hai la passata?
P - Sì quella quanta ne vuoi.
C - Allora stiamo a posto ... vai col tango e buon appetito a tutti!